Storia e cultura

Dalle tracce dell’età del bronzo alla lastra incisa del Doss dei Morti, dall’edificio retico alla strada romana, sino a giungere alle monumentali testimonianze della Grande Guerra passando attraverso l’arte religiosa, le miniere in valle di Breguzzo - citate nelle pergamene ma che i dilavamenti, le slavine e le valanghe ne hanno cancellato ormai le tracce - e la misteriosa Rocca di Breguzzo della quale non sono ancora state scoperte le origini.

Il territorio di sella Giudicarie testimonia una frequentazione antropica risalente almeno all’età del Bronzo. Questo è quanto emerge, ad esempio, dalle tracce archeologiche rinvenute nella parte nord dell’abitato di Breguzzo, dove sono state scoperte sepolture, strutture produttive e reperti mobili risalenti a tale periodo. Più recente, ma non meno importante, è la lastra incisa ritrovata a 2.183 m s.l.m. in località Doss dei Morti, purtroppo andata perduta ma di cui si conserva un prezioso rilievo, i cui grafemi presentano evidenti affinità con l’epigrafia camuna e al tempo stesso con il mondo retico. 

Una testimonianza arcaica che evidenzia quanto la vocazione di questo territorio a zona di confine culturale abbia radici antichissime, di cui si conservano tracce nell’idioma locale e in diversi manufatti.
All’età del ferro risale anche un edificio rinvenuto sul limitare sud dell’area industriale sita in località Fontanedo, frequentato sino all’età romana, periodo in cui venne realizzata la direttrice viaria che ancora oggi mette in comunicazione l’intera valle con la bresciana.

La sconosciuta Rocca di Breguzzo, frequentata sino al tardo Medioevo, giace dormiente al di sotto del bosco, sull’altura isolata posta al confine nord-occidentale del comune, mentre il forte austroungarico del Larino, visitabile grazie ai recenti restauri, si trova al limite opposto (sud)


Storia e cultura

La comunità di Sella Giudicarie mantiene ancora vivo il ricordo e l’interesse verso le proprie radici culturali fissate in una civiltà tipicamente rurale. Numerose sono state le iniziative attraverso le quali negli ultimi decenni si è cercato di salvaguardare le testimonianze e le tracce passate di tale cultura materiale e immateriale. 
Vocabolari di dialetto, modi di dire, proverbi, storie legate al più recente traumatico periodo della Grande Guerra, si alternano a luoghi dove, grazie alla cura spontanea ed all’interesse degli abitanti locali, sono stati raccolti numerosi oggetti divenendo in tal modo occasione per uno scambio cordiale di ricordi, di nozioni linguistiche, di tecniche, di modi di fare e di dire tra gli anziani ed i più giovani. 
Due musei etnografici - Casa Bonus a Bondo e il piccolo museo etnografico di Roncone - testimoniano quanto importante sia la salvaguardia e la trasmissione dei modi di fare e di vivere passati.

Casa Bonus

Nato da un progetto di raccolta etnografica, a cui ha partecipato attivamente la popolazione locale, offrendo utensili, attrezzi e arredi del mondo rurale passato, il museo della civiltà contadina di Casa Bonus è una collezione composta da oltre 300 pezzi. Ciascun oggetto è catalogato e provvisto di apposita scheda identificativa dotata di informazioni attinenti l’impiego e la terminologia originaria, riportata in dialetto ed in italiano. 
L’allestimento museale si trova tra le volte del pianterreno dell’edificio recentemente ristrutturato, predisposte in modo tale da creare degli ambienti rievocativi il più possibile fedeli alla realtà contadina passata. 
Questi ricompongono frammenti passati di vita rurale, come ‘l casinèl (il luogo per la preparazione del burro e del formaggio), la cusìna (la cucina), ‘l reòlt (la cantina), la stala (la stalla), la camara (la stanza da letto), l’èra (la parte della casa adibita a deposito di carri e attrezzi contadini ossia l’aia).

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